Una vita che non vogliamo cambiare, anestetizzata, densa di silenzi, senza troppo ridere, senza troppo piangere, di stanze vuote, di modalità mute, di radio spente, di dibattiti taciuti, di assenza di domande ( fonte di cultura e di curiosità!) piena di emoticon, di like. Questa è l’immagine di una società, in cui la curiosità è stata sostituita dalla comodità, l’esplorazione della vita dalle sue possibili soluzioni, la meraviglia dell’inventarsi dal servirsi di un facile rimedio.
In questo scenario sociale, si annida la perdita della Speranza, definita in ambito psicologico “depressione maggiore“: è rappresentata dall’abbassamento del tono dell’umore (con tristezza, dolore morale, disperazione) che non è influenzabile da interventi esterni di incoraggiamento o consolazione ed è caratterizzato da pensieri ricorrenti di morte o di ideazione suicidiaria. Il suicidio è il gesto autolesionistico più estremo, tipico in condizioni di grave disagio o malessere psichico, in particolare in persone affette da grave depressione e disturbi mentali di tipo psicotico. Esso può essere determinato anche da cause o motivazioni strettamente personali, ovvero eventi quali particolari situazioni esistenziali sfavorevoli, gravi condizioni economiche e sociali, abusi fisici e psichici, delusioni amorose, condizioni di salute o di non accettazione del proprio corpo, mobbing familiare, derisioni, bullismo e cyberbullismo. La percentuale di suicidio, in Italia è la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, è dunque importante che se solo osservati i fattori di rischio di suicidio, avvenga l’attivazione di un percorso di aiuto individualizzato.
Scrivere riguardo al suicidio è dunque per me come professionista e madre, un atto che potrei definire di presunzione, e spero di farlo con delicatezza e con profondo rispetto. Se la ragione di morire è legata a quella di vivere, tentare di indagare il percorso che conduce a giudicare inutile un’esistenza implica ricercarne il senso perduto…
– Chi sono io per lei ? perchè fa questo per me ? a lei cosa torna ?-
queste alcune delle domande che, con i piedi appoggiati sulla scrivania, una ragazza della scuola secondaria di primo grado, pone allo psicologo, responsabile dello sportello d’ascolto.
Tali affermazioni si presentano nella loro irriverenza, come una provocazione, un richiamo, un’occasione per far riflettere, noi adulti (professori, genitori, educatori), sul futuro delle giovani generazioni, spingendoli a coltivare passioni che producono errori che conducono a crescere. Servono dunque lezioni di passione, di sogni, di speranza, di coraggio! Riguardo alla speranza sant’ Agostino scrive, la Speranza ha due figli: l’indignazione e il coraggio, la prima per dire le cose che non ti piacciono e la seconda per cambiale. Ascoltiamo i nostri ragazzi, insegniamo loro ad esprimere il proprio parere rispetto a ciò che vedono e vivono, per sviluppare una capacità di giudizio critica, che permetta loro di apportare il proprio cambiamento nella realtà. Insegniamo ai nostri ragazzi a sognare, parlando loro di felicità, di unicità, ma anche di fallimento, di fragilità, condizioni che ci caratterizzano tutti, ed impareranno che è tanto importante il raggiungimento di un sogno quanto il sognare stesso. I nostri ragazzi devo cadere per rialzarsi ed imparare cos’ è il timone. Noi adulti (genitori, educatori, insegnanti) siamo i capitani, non siamo gli amici, noi siamo quelli che devono guardare oltre, permettendo loro di far nascere i propri sogni e di coltivarli, educandoli a diventare cacciatori di orizzonti, di infinito, di stelle!
Vorrei concludere questa riflessione con una citazione di un piccolo libro che ci permette di guardare la vita con gli occhi grandi di un bambino capace di vedere l’essenziale:
“Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.” Antoine de Saint-Exupéry
Dott.ssa Mariagrazia Sarno Psicologa
Se ti piace questo articolo lo puoi condividere!
Altre persone potrebbero trovarlo utile.