La discriminazione più infame è quella che George Orwell nel suo romanzo distopico “1984” chiamava psico-reato: il reato di pensiero che in Italia un certo mondo, illuminato e progressista, avrebbe voluto introdurre grazie al pdl cosidetto “Zan”. Ma se nella nostra Nazione, anche grazie al lavorio coeso e compatto del mondo pro family, si è riusciti, almeno per il momento, ad arrestare l’iter parlamentare del suddetto pdl Zan, così non è accaduto in altre nazioni europee dove oggi lo psico-reato di orwelliana memoria è purtroppo legge dello Stato.
E così accade che mentre nel mondo intero ci apprestiamo a celebrare la giornata mondiale contro le discriminazioni, nella libera e democratica Finlandia, Päivi Räsänen, sessantaduenne madre di sette figli e politica di lungo corso, nel silenzio più assoluto dei media istituzionali, si trova ad affrontare un processo e rischiare – in caso di condanna- oltre due anni di galera, per aver espresso pubblicamente le proprie idee sul concetto di matrimonio e su cosa pensa in relazione all’ideologia di gender.
Nello specifico, oggetto delle accuse sono la pubblicazione nel 2004 di un libro dal titolo “Maschi e Femmina li creò”, l’aver scritto un tweet nel 2019 nel quale vi è una critica alla Chiesa Evangelica Luterana per aver dato il proprio sostegno all’Helsinki Pride lgbt ed aver ribadito il proprio pensiero sullo steso tema in un talk show della televisione nazionale finlandese. L’accusa è quella di incitamento all’odio ma in realtà il reato è ben più grave: la Rasanen è colpevole di essersi sottratta alla censura preventiva del politicamente corretto, di aver “osato” pensare ed esprimersi su temi controversi come quelli legati all’ideologia di genere senza paura di rivendicare la propria appartenenza religiosa che la porta a credere “che maschio e femmina lì creò” ed è colpevole infine perché ritiene, come ha dichiarato all’Helsinki Times, che “la libertà di parola è la pietra angolare della vita democratica”.
La sentenza, dopo l’ultima udienza del 14 febbraio, è prevista per il 30 marzo ma qualunque sarà il verdetto, il messaggio che l’intera vicenda “Rasanen” lascerà ad ognuno di noi sarà un invito all’autocensura e al silenziamento volontario per timore delle possibili conseguenze negative.
Ciò nonostante ed anzi proprio per questo il Family Day sarà sempre al fianco di chi non intende piegarsi al politicamente corretto e di chi di fronte al pensiero unico non intende censurare la propria libertà di opinione.
Oggi siamo tutti Pavi Rasanen !
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