Pubblichiamo per gentile concessione del quotidiano “La Verità”
Da un paio di giorni, la notizia della mia nomina a consulente tecnico del Dipartimento politiche antidroga e dipendenze, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è diventata oggetto delle più differenti analisi.
Premesso che sono molto grato alla Presidenza, e in particolare al Sottosegretario Alfredo Mantovano, per avermi scelto, ritengo doveroso precisare che il mio sarà un ruolo strettamente tecnico-scientifico, alla luce della mia competenza e formazione medica, in quanto specialista in neurochirurgia e psichiatria. La mia lunga carriera clinica – 46 anni di vita ospedaliera e ambulatoriale, con migliaia di interventi neurochirurgici alle spalle – mi ha dato occasione di affrontare in termini culturali, scientifici e clinici il dramma delle tossicodipendenze, in particolare di quelle da stupefacenti.
Ho incontrato ragazzi e ragazze (anche giovanissimi!), uomini e donne, famiglie annientati da dolore e sofferenze a causa delle droghe, dell’alcool, del gioco d’azzardo, della pornografia, del sesso on-line, dello shopping compulsivo: un vero vortice oscuro in cui la vita delle povere vittime viene letteralmente distrutta. Le dipendenze – tutte le dipendenze – agiscono su aree ben precise del nostro cervello, alterandone la normale funzionalità, con la conseguenza che il soggetto non è più padrone delle proprie azioni e diviene schiavo di una ossessione/compulsione da cui è incapace di liberarsi. L’intera ideazione, tutto il pensiero, la stessa programmazione di vita quotidiana è finalizzata a “gratificare” il pensiero ossessivo, legata all’uso della sostanza o dell’azione che ha strutturato la dipendenza.
Non ho esitato a definire questa condizione come un “carcere neurobiologico”, significando che i circuiti cerebrali – detti della “ricompensa, gratificazione, motivazione” – plasmati e ristrutturati patologicamente dall’effetto della sostanza (qualunque essa sia), prendono il sopravvento sulle aree cerebrali che controllano la volizione, così che il soggetto diventa un povero schiavo rinchiuso in un carcere. Deve essere ben chiaro, a chiunque, che sul piano strettamente scientifico, tossicologico in particolare, non esistono droghe “leggere”.
E’ una vera menzogna mediatica, priva di qualsiasi fondamento scientifico, divulgare il concetto di “droga leggera o light”. Le sostanze stupefacenti, tutte, nessuna esclusa, agiscono sul nostro cervello, si definiscono “nootrope” o psicoattive, e sono dannose per la buona funzionalità cerebrale. Cannabis, marijuana non fanno eccezione: sono veleni la cui legalizzazione è solo una scelta ideologica che non li trasforma, magicamente, in sostanze utili e salutari. L’esperienza sul campo ci insegna che, assai spesso, sono la porta d’ingresso verso sostanze sempre più dannose e destruenti.
Che ha davvero a cuore la salute, il benessere, la felicità dei nostri giovani, sa benissimo che la via maestra da seguire è il contrasto, assoluto e incondizionato, alle droghe. L’informazione e la comunicazione serie, scientificamente argomentate, e la prevenzione – insieme alla repressione delle attività criminali – sono le “linee guida” da mettere in atto. La “dipendenza” è una malattia, grave, ma non “inguaribile”: è nostro dovere aiutare chi vi è caduto perché – con tanto sacrificio, lacrime e sangue – ne possa venire fuori. Ma è ancora più doveroso porre in atto ogni strategia per evitare a chiunque di cadere in questa trappola.
Forse mai come in tema di dipendenze, vale l’aforisma che “prevenire è meglio che curare”. Per quanto mi riguarda, la mia azione a livello di consulenza tecnico-scientifica sarà ispirata dai principi che ho espresso e nei quali credo fermamente, assicurando che – per il bene, la salute e la vera felicità di tanti giovani, giovanissimi e famiglie – lavorerò per contrastare questo infame commercio.
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