Così la Società di pediatria piega la scienza per tifare le coppie di “genitori” omo

Studi parziali, conclusioni affrettate, ideologia: la Sip si sbilancia ignorando buon senso e bibliografia. Pensano di aiutare i bimbi?
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di Massimo Gandolfini

Nasce a Roma il 31 agosto del 1951 Nel 1977 consegue la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale di Milano con il massimo dei voti e lode. Nel 1981 si specializza in Neurochirurgia, sempre a Milano, e nel 1991 in Psichiatria, presso l’Università Statale di Brescia. Dal 1997 dirige il Dipartimento di Neurochirurgia-Neurologia di un ospedale bresciano. Fa parte del Cammino Neocatecumenale. Padre di 7 figli adottati. Presidente dell’Associazione Family DAY.

5 Settembre 2023

(Per gentile concessione del quotidiano “la Verità” del 3/9/2023)

È necessaria una premessa: quando si affrontano problematiche che vedono coinvolti i bambini, la stella polare è e deve essere sempre il “best interest”, il miglior interesse, del bambino. Così recitano tutte le carte internazionali che parlano di minori, a partire dalla Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo (ONU 1989).

Sotto questo aspetto, appare ampiamente discutibile e criticabile un documento recentemente pubblicato sulla rivista “Pediatria”, ad opera del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Pediatria (SIP), sul tema “il benessere dei bambini nelle famiglie omogenitoriali”. La tesi ivi sostenuta si può riassumere utilizzando alcune espressioni presenti nel testo: “L’omogenitorialità non è di per sé un ostacolo alla possibilità di assicurare una crescita adeguata e sana del propri figli … le coppie omosessuali non hanno influenze negative di alcun tipo sulla sviluppo dei propri figli; allo stesso modo, non sono state evidenziate differenze fra i figli di coppie eterosessuali e omosessuali riguardo a identità di genere, orientamento sessuale, problemi psicologici”.

In buona sostanza, non c’è differenza fra una coppia etero ed una omogenitoriale in ordine alla crescita armonica di un bambino. Viene portata, a sostegno della tesi, una ridotta bibliografia che è tutta orientata nella medesima direzione, ignorando una ricca bibliografia di segno opposto.

La domanda cui dobbiamo dare una risposta è molto semplice e di immediata comprensione: “Trattandosi di garantire il “miglior interesse” per un bimbo, questo è rappresentato da una coppia con mamma e papà di sesso diverso, oppure avere due mamme o due papà non fa alcuna differenza?”

Sgombriamo il campo da due equivoci. Primo, vanno escluse le condizioni di emergenza: è chiaro che se un genitore muore, oppure scompare, o per varie ragioni è assente, quello restante deve assumersi – con non poca fatica – entrambe i ruoli e il bimbo sarà costretto a crescere in una famiglia in cui un genitore è assente. Non è certamente il suo “best interest”, ma non è stato scelto e si cerca di porci una “pezza”. Secondo: diamo per scontata la volontà di agire nel modo migliore nei confronti del bimbo, da parte dei genitori omosessuali, come in effetti è in molti casi.

Ciò detto, il “miglior interesse” per il bambino è di poter crescere con sua mamma e suo papà, figure fondamentali di riferimento per la strutturazione fisiologica della sua personalità. Questa affermazione è sostenuta da una ricchissima bibliografia, che parte nientemeno che da Sigmund Freud: “.. il triangolo che connette padre, madre e figlio, e il gioco di queste parti, aiutano il figlio a prendere il posto che gli compete nella geometria della famiglia … Ogni relazione umana vissuta, sia a livello conscio che inconscio, con i propri genitori durante l’infanzia, avrà una influenza decisiva nello sviluppo della personalità del soggetto” (“Totem e Tabù”, 1913; edizione italiana 1930). E’ fin troppo facile osservare che tutto questo processo di formazione della personalità gira attorno ad una triade – padre, madre, figlio – in cui ciascuno gioca il suo ruolo con la propria fisicità (femmina e maschio) e con la sua essenza umana: la corporeità della madre e del padre veicolano una personalità femminile e maschile che giocano un ruolo essenziale nella rappresentazione mentale che il bimbo va costruendo, sia sul piano oggettuale (corpo femminile, corpo maschile) sia sul piano del significato (essere femmina, essere maschio). Questo concetto di “rappresentazione mentale” – concetto chiave nella storia della psicoanalisi (Freud, Sandler, Rosenblatt) – ha ricevuto grande illuminazione dalle recenti ricerche di neuroscienze; in particolare, quelle riguardanti i “neuroni specchio”, che hanno dato nuova interpretazione ai processi che la caratterizzano: riconoscimento, comprensione, imitazione, apprendimento non cognitivo, emotività. Tutto questo complesso e delicatissimo meccanismo di strutturazione ha necessità – per compiersi nel migliore dei modi – della presenza contemporanea delle due figure, madre e padre, con cui il bimbo entra in relazione: se una manca, lo sgabello a tre piedi perde di stabilità. Potrà stare comunque in piedi? Forse … ma non è certo la condizione migliore. Fuori di metafora: non è il “best interest”.

Come dichiarò l’allora presidente SIP, sezione Sicilia, Giovanni Corsello (2004-2007): “Non si può negare, sulla base di evidenze scientifiche e ragionamenti clinici, che una famiglia costituita da due genitori dello stesso genere può costituire un fattore di rischio di disagio durante l’infanzia e l’adolescenza”.

Gli fa eco la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), nel 2014, con una pubblicazione sul proprio organo ufficiale, dal titolo “Minori affidati a coppie omosessuali: il punto della ricerca” (n.4, anno IX, pag. 37-40): “La storia umana è plurimillenaria e vede il minore crescere armoniosamente con la figura materna e paterna che lo generano o, in loro assenza, con due figure genitoriali femminile e maschile, complementari. Pertanto la comunità professionale e scientifica, nonché la società stessa, hanno il dovere di rimanere saldamente ancorate alla verità antropologica sull’uomo, alla sua storia, alle risultanze delle ricerche scientifiche non svincolate da un paradigma etico che dà senso all’agire umano”.

Sono davvero numerosi gli studi che, negli ultimi anni, hanno affrontato questo tema dell’omogenitorialità nell’ottica del benessere del bimbo, che attestano che non è per nulla irrilevante che il figlio di una coppia omosessuale non possa confrontarsi, nella definizione di sé, con il problema della differenza sessuale, e si rimane stupiti che vengano del tutto ignorati. Non fosse altro, allo scopo di avanzare un sano sentimento di dubbio, da sempre motore della vera e imparziale ricerca, soprattutto su un tema che “odora” pervasivamente di impostazione ideologica. Questa bibliografia/letteratura internazionale non può essere ignorata, essendo in gioco – in primis – il miglior interesse del bimbo, che deve superare in modo assoluto l’interesse degli adulti.

Il 27 marzo 2015, il Washington Times pubblica un appello firmato da sei giovani – diventati adulti – cresciuti in coppie omogenitoriali maschili, indirizzato alla Corte Suprema Americana (“Adults with gay parents say same-sex marriage isn’t good for kids” – “Adulti con genitori dello stesso sesso dichiarano che questo non è buono per i fanciulli”). È la voce di chi ha fatto diretta esperienza, sulla propria pelle; sono solo sei voci e, quindi, non possono essere considerate una voce universale. Ma non possono essere ignorate. Dichiara Denis Shick, una di queste voci: “Anche se le coppie dello stesso sesso hanno buone intenzioni e buoni curriculum, non sono in grado di fare l’impossibile: come può un uomo fare da modello femminile a una bambina? … Il tentativo di mio padre di entrare in un’identità femminile è stato disastroso e incredibilmente distruttivo … La realtà ha dei limiti che la fantasia e la irresponsabilità non possono superare”.

Di responsabilità, appunto, si tratta; responsabilità che riguarda chiunque ha davvero a cuore il “miglior interesse” di una bimba/bimbo. Valga almeno un sano “principio di precauzione”, scegliendo ciò che è ampiamente comprovato dall’intera storia dell’umanità, ed evitando di lanciarsi in affermazioni, quantomeno molto discutibili.

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