Il minore lo si difende e se ne promuove l’armonico sviluppo solo nella fedeltà ai grandi valori della vita e solamente se si mette al primo posto l’uomo e la sua dignità
Gli stermini ed i massacri operati durante la seconda guerra mondiale convinsero i principali Paesi del mondo a trovare un sistema affinché i contrasti fra la nazioni potessero essere risolti senza ricorrere alla guerra. Venne così fondata nel 1945 l’O.N.U. (Organizzazione delle Nazioni Unite), alla quale ben presto aderirono gran parte dei Paesi del mondo (oggi sono oltre 180 i membri dell’Onu). La speranza di tutti era quella di garantire, tramite questo organismo, la pace nel mondo. Ben presto ci si accorse che per realizzare la pace non era però sufficiente evitare la guerra; necessitava che ad ogni persona fosse riconosciuta la sua piena dignità. Da qui scaturì nel 1948 la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, una pietra miliare, anche se tutt’oggi spesso dimenticata e non rispettata, sulla strada del riconoscimento della dignità di ognuno.
La condizione dei bambini non poteva trovare però delle risposte esaurienti in questa Dichiarazione del 1948 in quanto l’infanzia presenta delle proprie peculiarità non assimilabili alla situazione degli adulti. Ecco allora che il 20 novembre 1959 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottava all’unanimità la “Dichiarazione dei diritti del fanciullo”, un testo articolato sulla base di dieci principi. Nel preambolo si afferma la fede nei diritti fondamentali dell’uomo e nella dignità della persona umana; si sostiene inoltre che il fanciullo “a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali, compresa una adeguata protezione giuridica sia prima che dopo la nascita”.
Si passa quindi alla presentazione dei diversi diritti.
Principio 1°: Il fanciullo deve godere di tutti i diritti senza alcuna discriminazione
Principio 2°: deve beneficiare di una speciale protezione in modo da crescere in maniera sana e normale
Principio 3°: ha diritto ad un nome e ad una nazionalità
Principio 4°: deve beneficiare della sicurezza sociale
Principio 5°: ha diritto ad una educazione e a cure speciali se si trova in una situazione di minoranza fisica, mentale o sociale
Principio 6°: deve crescere circondato di amore e di comprensione
Principio 7°: ha diritto ad una educazione elementare gratuita e obbligatoria
Principio 8°: in ogni circostanza deve essere tra i primi a ricevere protezione e soccorso
Principio 9°: deve essere protetto contro ogni forma di crudeltà e di sfruttamento
Principio 10°: deve essere protetto contro ogni forma di discriminazione razziale e religiosa
Questa Dichiarazione del 1959 ha un grande valore poiché per la prima volta si prende in esame in modo specifico la situazione dei bambini. Essa si dimostrò ben presto però limitata in quanto non vincolante per gli Stati che l’hanno sottoscritta: una Dichiarazione non ha infatti un valore giuridico, bensì funge solo da esortazione morale, da forte invito al risveglio delle coscienze, senza la possibilità di poter obbligare qualcuno a rispettarne il contenuto. Fu così che le Nazioni Unite pensarono ad un nuovo testo maggiormente incisivo e vincolante per gli Stati. L’elaborazione di questo nuovo documento fu alquanto travagliata, ma il 20 novembre 1989 vide finalmente la luce la “Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia”. Questa Convenzione è importante perché passa dalle semplici dichiarazioni di principi, che investono esclusivamente ambiti etico-culturali, ad impegni più precisi per gli Stati che vi aderiscono.
È significativa anche per un secondo motivo, ossia perché prevede un organismo di controllo (un Comitato di dieci membri di altissime qualità morali) in grado di porre un Paese membro dell’Onu in stato di accusa per “lesa infanzia”. La Convenzione, dopo un ampio preambolo, si sviluppa in 54 articoli, di cui 41 si riferiscono esplicitamente ai vari diritti riconosciuti ai minori e dei quali gli Stati si devono fare carico, mentre gli altri articoli riguardano le forme di controllo sull’attuazione dei diritti affermati e sulle eventuali proposte di modifica.
La Convenzione considera sempre il bambino nell’ambito del suo nucleo familiare e gli riconosce il diritto all’uguaglianza; il diritto alla sicurezza sociale e ad un livello di vita tale da permetterne lo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale; il diritto alla libertà di espressione e di comunicazione; il diritto all’istruzione; il diritto al gioco, allo sport, al riposo e allo svago; il diritto alla religione; il diritto ad essere protetto contro ogni forma di discriminazione e di sfruttamento. Il limite maggiore di questa Convenzione è il fatto che, per non urtare i numerosi Paesi che hanno legalizzato l’aborto, si è tolto ogni riferimento al bambino concepito ma non ancora nato, mentre invece nella Dichiarazione del 1959 si parlava esplicitamente della necessità di “cura e protezione per il bambino sia prima che dopo la nascita”.
Pur con questo grave limite, la Convenzione è un testo fondamentale che va colto nel suo significato più alto alla luce dell’affermazione del valore – persona, della dignità umana, della libertà come ideale e come conquista perenne di ogni uomo, di ogni comunità e di ogni popolo. Va precisato che nella Convenzione il termine “infanzia” è esteso a tutta l’età evolutiva, cioè fino a 18 anni e dunque va inteso come “età minorile”.
Nonostante queste solenni affermazioni internazionali, la storia dell’infanzia, anche quella più recente, ha lastricato il suo cammino anche con il sangue innocente di tanti minori. Il fenomeno non si arresta e nel mondo intero assistiamo a fatti sconcertanti: bambini che lavorano, bambini morti per fame, bambini sequestrati, bambini profughi, bambini analfabeti, bambini vittima dell’aborto. La lista potrebbe allungarsi di molto.
I documenti internazionali di cui sopra, soprattutto la Convenzione, non vanno enfatizzati, ma neppure posti nel cassetto. Possono costituire un fattore di svolta a condizione che vengano assunti come documenti dal carattere promozionale-educativo piuttosto che testi di natura preventiva o repressiva. Il minore lo si difende e se ne promuove l’armonico sviluppo solo nella fedeltà ai grandi valori della vita e solamente se si mette al primo posto l’uomo e la sua dignità. Tutto questo però non basta affermarlo retoricamente, va incarnato nel proprio quotidiano di insegnanti, genitori, educatori.
©Riproduzione riservata
del Prof. Anselmo Palini
Insegnante nella scuola superiore, nei suoi libri ha approfondito in particolare i temi della pace, dell’obiezione di coscienza, dei diritti umani e, più recentemente, le problematiche connesse con i totalitarismi e le dittature del XX secolo, ricercando in particolare le testimonianze di chi si è opposto a tali sistemi dittatoriali. Tutte le sue pubblicazioni sul sito: anselmopalini.it
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