Festa dell’infanzia: ecco perché ci riguarda

La possibilità di essere umani e fragili, piccoli e infantili, ogni tanto. Ma con un adulto (noi stessi?) che sintonizzandosi con noi ci dica: "Fa male non è vero? Io ci sono quando ti senti così". È qui che si snoda un punto centrale del nostro essere adulti ed è da qui che possiamo davvero svolgere il nostro ruolo educativo.
Gruppo di bambini con la cartella sulle spalle che si abbracciano

di Giovanni Petrichella

Psicologo, istruttore mindfulness, socio fondatore dell'Associazione di Promozione sociale Progetto Pioneer, con cui ha pubblicato come co-autore i due sussidi "Filtriamo" e "100000 baci", nella collana "Mostrami l'amore". Oltre all'attività clinica svolge corsi di formazione per genitori e insegnanti e progetti educativi nelle scuole per bambini e ragazzi.

20 Novembre 2023

Vorrei provare a dire due parole sulla festa che celebriamo oggi: la giornata internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza. Vorrei provare, però, a farlo in una maniera un po’ diversa dal solito. Vorrei provare a togliere quella linea di demarcazione tra noi, gli adulti, e ciò che celebriamo.

Per farlo proviamo, per un attimo, a tornare all’ultima volta che ci siamo sentiti fragili. Forse arrabbiati, confusi, rifiutati. Proviamo a tornare lì per un secondo. L’ultima volta che abbiamo sofferto emotivamente. Come ci siamo trattati? Come abbiamo vissuto quel momento, forse lontano dal nostro essere adulti?

È lì, dal mio punto di vista, che si gioca il valore di questa festa e la possibilità di celebrarla.

“Tutti gli adulti sono stati bambini ma pochi se ne ricordano”-scriveva Antoine de Sante Exupèry. Ed è vero, è così, aggiungerei, però, un pezzettino.

La psicologia dello sviluppo ci indica che proprio quello che abbiamo vissuto nelle fasi precoci della nostra vita ha dato un’impronta a quello che siamo oggi (per chi volesse approfondire vi consiglio qualche testo di Daniel J. Siegel, come per esempio “La mente adolescente”, o “Errori da non ripetere”). Il modo in cui da bambini, in altre parole, qualcuno ci ha aiutato o meno a riconoscere, ordinare e gestire i nostri vissuti, le nostre emozioni, ha a che fare con gli adulti che siamo oggi.

Tutti i giorni nel mio studio lotto insieme a persone che, per un motivo o per un altro, faticano a uscire da lì, a riconoscere e rendere più flessibili schemi che hanno appreso proprio nell’infanzia. Penso anche a tutto il lavoro che svolgiamo come associazione (www.progettopioneer.it), sia nella formazione degli adulti in ambito educativo, ma anche direttamente sul campo con bambini e ragazzi.

Mentre celebriamo questa festa, proviamo davvero a interrogarci su come ci rapportiamo ai nostri momenti difficili, ai vissuti che facciamo fatica a organizzare. Quelli nostri e quelli dei nostri bambini. Siamo adulti, è vero, ma ogni tanto quel bambino ostinato torna a trovarci, emotivamente, o negli occhi dei bambini che abbiamo intorno.

Quello che sto cercando di dire è: forse oggi potremmo celebrare davvero questa festa se, in qualche modo, siamo in grado di celebrare le nostre crisi emotive e quelle dei nostri bambini, la possibilità di passarci in mezzo e di dare ordine e significato alla nostra esperienza.

La possibilità, in altre parole, di essere umani e fragili, piccoli e infantili, ogni tanto. Ma con un adulto (noi stessi?) che sintonizzandosi con noi ci dica: “Fa male non è vero? Io ci sono quando ti senti così”. È qui che si snoda un punto centrale del nostro essere adulti ed è da qui che possiamo davvero svolgere il nostro ruolo educativo.

Buona festa dell’infanzia a tutti, allora. Ai bambini di oggi, a quelli che eravamo e a quelli che ogni tanto ancora siamo.

 

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