Vorrei provare a dire due parole sulla festa che celebriamo oggi: la giornata internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza. Vorrei provare, però, a farlo in una maniera un po’ diversa dal solito. Vorrei provare a togliere quella linea di demarcazione tra noi, gli adulti, e ciò che celebriamo.
Per farlo proviamo, per un attimo, a tornare all’ultima volta che ci siamo sentiti fragili. Forse arrabbiati, confusi, rifiutati. Proviamo a tornare lì per un secondo. L’ultima volta che abbiamo sofferto emotivamente. Come ci siamo trattati? Come abbiamo vissuto quel momento, forse lontano dal nostro essere adulti?
È lì, dal mio punto di vista, che si gioca il valore di questa festa e la possibilità di celebrarla.
“Tutti gli adulti sono stati bambini ma pochi se ne ricordano”-scriveva Antoine de Sante Exupèry. Ed è vero, è così, aggiungerei, però, un pezzettino.
La psicologia dello sviluppo ci indica che proprio quello che abbiamo vissuto nelle fasi precoci della nostra vita ha dato un’impronta a quello che siamo oggi (per chi volesse approfondire vi consiglio qualche testo di Daniel J. Siegel, come per esempio “La mente adolescente”, o “Errori da non ripetere”). Il modo in cui da bambini, in altre parole, qualcuno ci ha aiutato o meno a riconoscere, ordinare e gestire i nostri vissuti, le nostre emozioni, ha a che fare con gli adulti che siamo oggi.
Tutti i giorni nel mio studio lotto insieme a persone che, per un motivo o per un altro, faticano a uscire da lì, a riconoscere e rendere più flessibili schemi che hanno appreso proprio nell’infanzia. Penso anche a tutto il lavoro che svolgiamo come associazione (www.progettopioneer.it), sia nella formazione degli adulti in ambito educativo, ma anche direttamente sul campo con bambini e ragazzi.
Mentre celebriamo questa festa, proviamo davvero a interrogarci su come ci rapportiamo ai nostri momenti difficili, ai vissuti che facciamo fatica a organizzare. Quelli nostri e quelli dei nostri bambini. Siamo adulti, è vero, ma ogni tanto quel bambino ostinato torna a trovarci, emotivamente, o negli occhi dei bambini che abbiamo intorno.
Quello che sto cercando di dire è: forse oggi potremmo celebrare davvero questa festa se, in qualche modo, siamo in grado di celebrare le nostre crisi emotive e quelle dei nostri bambini, la possibilità di passarci in mezzo e di dare ordine e significato alla nostra esperienza.
La possibilità, in altre parole, di essere umani e fragili, piccoli e infantili, ogni tanto. Ma con un adulto (noi stessi?) che sintonizzandosi con noi ci dica: “Fa male non è vero? Io ci sono quando ti senti così”. È qui che si snoda un punto centrale del nostro essere adulti ed è da qui che possiamo davvero svolgere il nostro ruolo educativo.
Buona festa dell’infanzia a tutti, allora. Ai bambini di oggi, a quelli che eravamo e a quelli che ogni tanto ancora siamo.
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