La campagna elettorale si fa rovente sotto il sole di agosto e la confusione regna! Tra alleanze, corteggiamenti e voltafaccia si fatica a orientare il proprio convincimento elettorale in vista del fatidico Election Day del 25 settembre prossimo.
C’è una tematica che dovrebbe stare particolarmente a cuore al popolo italiano, in quanto è probabilmente la vera questione sociale – almeno in termini di welfare – che se non affrontata rischia di avere effetti dirompenti nel medio e lungo termine: la crescente denatalità che sta cambiando il tessuto del nostro paese rendendolo certamente più fragile e meno allegro.
Più fragile poichè è aumentata parecchio l’età media della popolazione, con la percentuale di ultrasessantenni che ha superato la soglia critica del 30% degli abitanti complessivi. Questo significa che è drasticamente sceso (anzi, è in caduta libera!) il tasso di persone in età da lavoro in favore di pensionati e persone non autosufficienti.
È chiaro che un paese “anziano” nel quale peraltro i giovani entrano tardi nel mercato del lavoro, nonché caratterizzato da un livello di occupazione fanalino di coda in tutta Europa, corre lento a livello di competitività economica globale, vedendo il rischio di crescenti tensioni sociali, che possono sfociare in veri e propri disordini.
Per altro verso l’Italia, tristemente nota per il suo tasso di fecondità tra i più bassi al mondo, sta certamente perdendo allegria e spensieratezza.
Camminando per strada è molto difficile imbattersi in una giovane famiglia con un neonato al seguito; è quasi impossibile incontrare una coppia con tre o più figli. Lo sanno bene le famiglie numerose, che spesso quando si muovono al completo hanno in un certo senso “gli occhi addosso” di passanti stupiti e meravigliati (ma c’è anche chi si sente infastidito da questo bello spettacolo, sic!).
Basta poi entrare in un supermercato, dove la sezione “prima infanzia” ha ormai inesorabilmente ceduto il passo ai prodotti ed alimenti per animali.
Sbaglia chi cerca di spiegare questo fenomeno di progressivo invecchiamento della popolazione – che appare ormai inesorabile – soltanto da una prospettiva di carattere economico: “In Italia si fanno pochi figli” – si dice – “perchè non vi sono le risorse necessarie”.
In realtà il tasso di fecondità italiano ha cominciato drasticamente a contrarsi a partire dal 1970, in un periodo di solida espansione economica; inoltre anche guardando all’oggi, non risulta che i ceti più abbienti facciano più figli di chi ha scarse risorse.
Le ragioni della dirompente denatalità sono certamente di carattere prettamente culturale: la disgregazione della famiglia naturale picconata anno dopo anno a partire dalla legge sul divorzio del 1970. Il crescente individualismo, con l’uomo contemporaneo che ha perso completamente la sua dimensione metafisica, di senso, in favore di un consumismo sfrenato e di un’alienazione dal reale (si pensi al mondo dei social network ed alle varie dipendenze).
Senza contare l’effetto culturale dirompente della legge 194 del 1978, che ha legalizzato l’aborto introducendo il principio giuridico di disponibilità della vita umana; sempre restando in tema di aborto si ricorda come ad oggi, nel tessuto sociale mancano all’appello circa 1 milione e 900 mila donne tra i 23 e i 44 anni che non hanno potuto vedere la luce della vita e che – a livello meramente statistico – sarebbero state potenziali madri.
Ebbene, i partiti che si stanno affrontando sul ring delle prossime elezioni come considerano la tematica della denatalità? È centrale nel loro programma elettorale, oppure non viene neanche affrontata in favore di promesse dal sapore propagandistico?
Vi è la consapevolezza della natura prettamente culturale/antropologica del “problema denatalità” oppure vi è un appiattimento del discorso politico nell’ambito di considerazioni meramente economiche e di contingenza?
Tra una passeggiata in montagna, un tuffo al mare e un buon libro sul comodino, si attendono risposte convincenti!
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