Pubblichiamo per gentile concessione del quotidiano “La Verità”
Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, in data 7 agosto, ha emanato un decreto – revocando la sospensione di un decreto precedente del 2020, che inseriva un derivato della cannabis (cannabidiolo, CBD) nella tabella dei medicinali collegata al testo unico sulle droghe – dichiarando così illecito ogni uso non terapeutico/farmacologico degli estratti della cannabis.
Il provvedimento è basato su dati scientifici inoppugnabili e sulla constatazione – ahinoi, giornaliera e in drammatico aumento – dei danni legati all’uso delle droghe, compresa la cannabis con i suoi derivati. Basta leggersi le statistiche riguardanti i reati contro l’articolo 187 del Codice della strada (alterazione psico-fisica per uso di cannabis) per rendersi conto della tragica dimensione del problema. A fronte di un provvedimento indiscutibilmente utile ed opportuno, la voce dell’Associazione radicale “Luca Coscioni” si è levata per bocca di Marco Perduca, presidente del comitato promotore del referendum “cannabis legale” del 2021, attaccando il decreto, sciorinando le solite accuse: mancanza di evidenze scientifiche, conservatorismo antiscientifico, con l’aggiunta della strategia sempre vincente del “vittimismo”, che deve attirare l’emotivo consenso della gente: “creare irragionevoli ostacoli al diritto alla salute di chi trae giovamento dall’uso di prodotti a base di CBD … “.
Trattandosi di questione di carattere propriamente medico, è giustamente intervenuto l’Ordine dei Medici di Roma, in particolare il Gruppo di lavoro per la “valutazione, prevenzione e divulgazione dei danni che la Cannabis determina sulla salute mentale dei giovani e di altri disturbi dell’area delle dipendenze”. Le considerazioni, proposte in un documento di grande chiarezza, si possono così sintetizzare: è documentato ed assodato, in ambito medico-clinico, il potenziale terapeutico del CBD “se utilizzato sotto stretto controllo medico, nei termini di modi, tempi, dosi e monitoraggio”; al contrario “nulla di scientifico emerge dall’utilizzo non controllato (”fai da te”) del CBD da parte della popolazione generale”. Pertanto, l’iniziativa del Ministro Schillaci è “dotata di completa scientificità”.
Rilevante è anche l’affermazione che il CBD “è stato utilizzato sul territorio nazionale come “cavallo di Troia” per veicolare cannabinoidi psicoattivi, con potenziale di utilizzo volontario. La rete commerciale che si è strutturata in modo capillare intorno al CBD in Italia, non vende solo CBD”. Purtroppo, i dati relativi al numero di ricorsi al Pronto Soccorso, dei ricoveri nei Dipartimenti di Salute Mentale e dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) relativi all’uso incondizionato della cannabis e dei suoi derivati, costituiscono una prova indiscutibile. Una ulteriore precisazione è necessaria, al fine di evocare un corretto e doveroso allarme da parte di ogni cittadino, di ogni giovane, di ogni famiglia, di ogni educatore, di ogni responsabile della “cosa pubblica” e dell’intera comunità civile: usando il CBD come “vettore” si possono produrre – e si producono – ceppi di nuovi cannabinoidi , come cannabigerolo e cannabicromene, e si possono eseguire operazioni di “taglio” della cannabis con CBD con cannabinomimetici sintetici (“Spice Drugs”).
Il Gruppo di lavoro, con il patrocinio dell’Ordine dei Medici di Roma, ha elaborato un documento ricchissimo di letteratura scientifica allegata, con il titolo “Cannabis: i falsi miti”, in cui viene data risposta chiara a tutti i possibili quesiti e, soprattutto, viene smontata l’ideologia distruttiva della cosiddetta “droga leggera”. Dunque, il Ministro della Salute non solo ha agito in modo scientificamente corretto, ma – soprattutto – ha saggiamente posto un argine ad un commercio che miete solo vittime.
Il documento dei medici conclude con una provocazione/invito, fra “il lusco e il brusco”, molto intrigante e, perché no, socialmente utile: “.. la ricerca scientifica e l’ideologia politica restino nei rispettivi ambiti … Diversamente, politici e opinionisti dovranno venire a darci una mano come volontari nei reparti e negli ambulatori per gestire la massa di giovani con disturbo psichici da uso di cannabis”. Ecco un buon esempio di scienza veramente al servizio della salute e del bene, personale e sociale.
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