Pubblichiamo per gentile concessione del quotidiano “La Verità”
Una manciata di giorni ci divide dal compiere il nostro diritto/dovere di esprimere il voto: è certamente il momento più importante della vita democratica del nostro Paese. Votare significa scegliere quale tipo di società vogliamo costruire per il futuro più prossimo, in ordine alle scelte più contingenti, ma anche, e soprattutto, in ordine alle basi sulle quali vogliamo costruire la nostra comune convivenza. Ho seguito con attenzione il confronto fra Giorgia Meloni ed Enrico Letta, e mi sono ulteriormente convinto che il vero e profondo discrimine fra i due partiti è quella che Benedetto XVI aveva chiamato la “questione antropologica”.
Da una parte, pur con qualche silenzio strategico, la volontà di confermare e promuovere il valore della famiglia naturale (ad esempio, no all’utero in affitto o alle adozioni dei bimbi per coppie gay), della vita (no all’eutanasia, al suicidio assistito, ad una legge 194 che non garantisce alla mamma anche il “diritto di non abortire”), alla libertà educativa partendo dalla libera scelta della scuola, entro un sistema educativo dello Stato che garantisce uguaglianza fra scuole pubbliche e paritarie. Dall’altra, il partito capofila del centro-sinistra che sostiene l’agenda esattamente opposta, dal matrimonio egualitario, alla morte medicalmente assistita, fino alla legalizzazione della “droga di stato”, senza dimenticare la vergognosa enfasi posta su quella tragedia che si chiama aborto e che viene presentata come un “diritto umano universale”!
Ciò non significa che non ci siano importanti e delicatissimi problemi da affrontare – basti pensare al dramma energetico, al devastante aumento della povertà, al piano sanitario nazionale, o al posizionamento internazionale del nostro Paese – ma, come nella costruzione di un condominio, la solidità e la tenuta sono legate alle fondamenta. La vita e la famiglia non sono semplicemente dei valori, ma sono più concretamente dei principi, cioè delle basi su cui fondare tutto il resto della struttura della società. Se i pilastri sono solidi, il ponte sta in piedi; se cede un pilastro il ponte crolla. Possiamo discutere se fare i parapetti a graticciata o compatti, se tingerli di bianco o di rosso, ma ciò che importa sono i pilastri. La legittima differenza di opinioni deve partire proprio dalla salda convinzione che le fondamenta non si toccano, pena il crollo della convivenza civile e del bene comune. Fra i mille esempi che potremmo fare, scegliamone uno su cui si discute molto e non si fa nulla: la denatalità, il nostro triste primato nel non fare figli. Che cosa si sta facendo per cambiare questo trend, che non esiterei a definire tragico?
Sul piano economico, solo briciole: qualche piccola misura assistenziale che non sposta di una virgola il drammatico livello di povertà in cui stanno cadendo le nostre famiglie, soprattutto quelle numerose (due milioni e settecentomila sotto la soglia di povertà assoluta e quasi sei milioni in povertà relativa). Sul piano culturale e normativo, anche nel corso di questa campagna elettorale, regna la dittatura del pensiero unico o del politicamente corretto, per cui ci sono “tabù” intoccabili: guai parlare del diritto alla vita dei nascituri; guai a parlare di un fondo economico che aiuti la mamma a far nascere il proprio bimbo; guai a parlare di “reddito di maternità” o di “contributi figurativi” a fini pensionistici legati al numero di figli; guai a mettere nero su bianco norme che garantiscono maternità e lavoro per le donne gravide, come ha chiesto pochi giorni fa Papa Francesco; guai a dire con chiarezza che la culla della vita è la famiglia mamma e papà, e che ogni bimbo ha diritto ad avere una mamma e un papà; guai a difendere i più deboli e malati garantendo cure palliative adeguate ed efficaci, piuttosto che avviarli all’assurdità del suicidio assistito.
Tutte norme a favore della vita; tutte norme di concreto contrasto alla denatalità e alla cultura dello scarto. Assolutamente convinti che questa è la via maestra che un paese civile deve percorrere, si è voluta stilare una “Carta dei principi” che sottoponiamo ai partiti, ai loro leaders, ma soprattutto ai cittadini elettori: chi va contromano, chi nei fatti va contro famiglia e vita, chi vagheggia di matrimonio egualitario e “diritto d’aborto”, ci porterà allo sfascio. Non possiamo far finta di non vedere e interessarci solo del nostro orticello personale: dobbiamo votare e “votare bene”.
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