(Per gentile concessione del quotidiano “La Verità”)
di Massimo Gandolfini
Propongo una civile e non violenta opposizione alla dittatura del pensiero unico che la TV di Stato ci ha propinato con questo Festival di San Remo, chiedendo che venga annullato l’obbligo di pagamento del canone RAI. La “festa” della canzone popolare è diventato il palco di indottrinamento “gender fluid” e di vilipendio alla morale in cui milioni di cittadini italiani si riconoscono, con l’indecente pervasività tipica dei regimi dittatoriali antidemocratici. Se sono veri i numeri dello share che ci vengono propinati – quasi che la bontà e l’intelligenza di un evento sia misurabile con il metro dell’audience, perché se cosi fosse le adunate oceaniche del Terzo Reich avrebbero il diritto di essere riconosciute come eventi di irraggiungibile valore etico-sociale – davanti al teleschermo si trovavano circa 10 milioni di italiani, che per le ragioni più diverse hanno seguito la kermesse.
Dunque, altri 50 milioni o poco meno, hanno palesemente “snobbato” l’evento.
E’ una menzogna mega-galattica che la “cultura popolare” della nostra nazione sia rappresentata da quell’insulso Festival. Quella ivi espressa è la ideologia “radical chic”, tipica della società che, acceccata dall’opulenza e dal potere del dio-denaro, ha perso i più semplici e normali riferimenti del comune buon senso. E’ un insulto veder sfilare soggetti gonfi di dollari e di euro, che tessono ipocriti sermoni su valori quali uguaglianza, dignità, non discriminazione, tolleranza, che le loro stesse vite contraddicono platealmente.
Che dignità si nasconde nel mimare un rapporto anale, un bacio saffico, un incoraggiamento alla nudità e a una sessualità che non ha limiti, fino all’offesa di simboli religiosi, come fu lo scorso anno il dileggio del Battesimo e della Passione di Cristo. Tolleranza sì, ma solo verso tutti quelli che si sottomettono al pensiero unico, e assoluta emarginazione e ghettizzazione verso chiunque osi dire che quel ciarpame non rappresenta la nobiltà del nostro popolo.
Non un segno di contradditorio – il confronto delle idee è il sale della democrazia – non una sola voce che possa raccontare valori veri, semplici, genuini che sono il sapore della nostra storia. Il citato articolo 21 della Costituzione, perla della civiltà democratica, tanto sbandierato quanto negato e violentato durante tutta la kermesse: il palco dell’Ariston è riservato solo al politicamente corretto, agli ideologi di regime, ai profeti del gender fluid, con tanto di abiti luccicanti e gioielli da milioni di euro.
E il tutto con i soldi dei contribuenti, obbligati a finanziare un evento di cui non approvano neppure una virgola e ai quali viene negata ogni possibilità di parola dissonante. Pensate ai milioni di famiglie in cui ogni giorno i genitori – in mezzo a difficoltà e sacrifici di ogni genere – si ingegnano per insegnare i valori della riservatezza, del pudore, della moralità e del rispetto del proprio corpo, della bellezza della sessualità come magnifico mezzo per donare la vita: quanto violenza nelle parole e nelle immagini di quel festival, quanti schiaffi, insulti e derisioni da quel palco!
Il popolo italiano ama il canto, ama le canzoni, ama la musica ma, purtroppo, San Remo negli ultimi anni non è niente di tutto questo. O lo è solo molto, troppo marginalmente.
L’edizione appena conclusasi si è qualificata per essere un evento inaccettabile di offensivo indottrinamento ideologico. Se è così, chiudiamo la TV di Stato, si tolga l’obbligo del canone: Rosa Chemical & C. si facciano la loro tv personale. A questi personaggi i soldi non mancano ed è indecente che si utilizzino i nostri soldi per pagare profumati cachet a chi passa le serate ad offendere i valori nei quali la stragrande maggioranza degli italiani crede fermamente.
15-2-2023
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