Il cyberbullismo è purtoppo un fenomeno diffuso.
Non serve molto, non servono offese o minacce: basta che un video, una foto, anche semplicemente imbarazzante sia diffusa contro, o più probabilmente oltre, la volontà della persona, del ragazzo o della ragazza di norma, che compare, e soprattutto che ne teme la diffusione.
Per fortuna da più parti si cerca di aiutare i giovani a fronteggiare il tema. Però vorremmo ricordare che i giovani son le vittime, talvolta i carnefici, ma non possono esser la soluzione. Quella deve venire da noi, genitori, e allora si è pensato di dare un piccolo contributo. Piccolo, sintetico, più che altro di orientamento.
E allora andiamo per punti:
La scuola è importante, è il primo interlocutore. Ma attenzione: sono professori, non esperti. Sanno insegnare, ma siamo sicuri che parlar con loro, prima che con chiunque altro, sia la soluzione migliore? Sapranno gestire la situazione o rischiano di aggravare la situazione? Non dico di escluderli dalla strategia, ma di coinvolgerli con attenzione, magari non in un primissimo momento.
Un sano e onesto dialogo tra famiglie, senza aggressività e presunzione di ragione, è un buon punto di partenza. Non è male cercare, con tutta la delicatezza del caso, un contatto tra famiglie. Magari addirittura con un invito a cena, o per una merenda. Probabilmente i giovani non parteciperanno volentieri, ma guardarsi in faccia li aiuterà a capire che sono persone, non schermi.
Ciò che è online resta, quindi la prima cosa da fare è cercare di bloccare la diffusione di foto, immagini o simili. Ci sono le istituzioni: la polizia postale, il garante privacy: non vanno dimenticati; Ci si può rivolgere a loro per arginare la diffusione di immagini lesive, o per segnalare e chiedere la rimozione di contenuti “imbarazzanti”.
In ogni caso: fare usare meno il cellulare (e simili) ai figli, e magari iniziare a usarlo meno noi.
Sono poche regoline di buon senso, ma importanti. Recenti studi hanno approfondito le conseguenze che l’uso di cellulari e soprattutto di social stanno provocando sul cervello di tutti, sia chiaro, compresi i giovani che però non hanno vissuto, come noi più attempati, anche esperienze diverse. Ci sono due conseguenze, tra le altre, che vorremmo sottolineare: la caduta nella capacità di concentrazione e pensiero, la mancanza di empatia nelle relazioni sociali.
In poche parole: un regresso verso lo stato animale nel quale i ragazzi faticano ad organizzare un pensiero lineare e, nel contempo, spesso non si rendono conto del male che possono fare agli amici. Non è questo il caso di allarmarsi, ma di trovare soluzioni. E gli studi citati le propongono: leggere libri per riprendere il pensiero; conversare di persona, soprattutto in famiglia, per recuperare l’empatia.
Come potete ben capire, sono atti difficili se vicino a noi c’è una scatolina di metallo con uno schermo che ci rapisce, sempre, inevitabilmente.
Quindi, se volete prevenire il bullismo, o almeno provarci: fateli leggere, parlate con loro e, suvvia, smettete di farlo dando uno sguardo al cellulare. Non c’è nulla di più importante ed urgente di loro, e del loro bene.
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